Il sole sta tramontando, ormai, ma ancora non si rinuncia all’ultimo saluto della giornata portato alla tomba del santo. Domenica 13 giugno, in fila sul sagrato della basilica di sant’Antonio, a Padova, ciascuno porta il suo fardello, il suo dolore. Sa che non può, non riesce a portarlo da solo.
Lo ha ricordato anche padre Oliviero Svanera, il rettore della basilica antoniana, nell’ultimo saluto e benedizione, alla conclusione della messa solenne delle diciotto di domenica sera, una delle molte celebrate in basilica, che rappresentano il “cuore” della festa. Non si può andare avanti da soli, lo sguardo deve andare più in là, proprio come ha sempre fatto Antonio, fragile, malato, morto così giovane, a 36 anni. Le storie si incrociano sotto le cupole, tra le navate, davanti alla tomba, tutti insieme, dopo tanto tempo, ognuno con la sua croce o con la sua speranza.
Un padre che prega per il figlio malato, una giovane donna che ricorda il padre appena scomparso, un uomo che non riesce neanche a guardarti in faccia mentre mormora che non ha più lavoro, che non sa come farà a mantenere la famiglia…Tutti uguali, nella penombra che cresce dentro la grande chiesa, ricca di secoli e di vita. Anche quest’anno, il 13 giugno non è stato quello di sempre della tradizione. Ma la gente ha cercato di arrivare fin qui, nonostante le misure di contenimento ha affollato gli spazi concessi, il sagrato, le vie e le piazze tutt’intorno.
E quest’anno si è pensato anche ad un gesto particolare, concreto e insieme simbolico: per la prima volta dal 1652 ha fatto ritorno, temporaneamente, a Padova la preziosa reliquia dell’avambraccio sinistro di frate Antonio da Lisbona, custodita all’interno della Madonna della Salute di Venezia.
La reliquia viene esposta soltanto ogni 13 giugno in occasione delle celebrazioni in onore del Santo. Per la prima volta l’avambraccio di Sant’Antonio, la più grande reliquia esistente del santo più venerato al mondo, ha lasciato la Serenissima dopo aver effettuato un tragitto che ha toccato alcuni luoghi significativi della terraferma veneziana. Scortata da un mezzo dei carabinieri, la reliquia è stata portata dal Patriarca di Venezia Francesco Moraglia e accolta da numerosi fedeli. Giunta a Padova è stata esposta sull’altare maggiore della basilica dove si è ricongiunta al corpo di Antonio. Qui resterà fino al 20 giugno. L’urna con la reliquia fu donata dai frati alla Serenissima 369 anni fa.
Un messaggio di speranza e di fede, mentre ancora l’incubo della pandemia grava sul mondo intero. Il Patriarca Moraglia ha ricordato le tappe veneziane del pellegrinaggio “attraversando non solo territori ma luoghi che, in quest’anno di pandemia, sono diventati spazi umani di sofferenza, di cura, di lutti e guarigione e che ora sono per noi luoghi della memoria e del riscatto”. Nell’omelia Moraglia ha ricordato anche Marco Zennaro, l’imprenditore veneziano recluso in un carcere in Sudan, esprimendo grande preoccupazione per le sue condizioni fisiche e psicologiche.
A Padova i fedeli si sono messi in attesa dell’arrivo della reliquia dalle prime luci dell’alba, mentre alcuni hanno passato l’intera notte in preghiera. Non è stato possibile partecipare al tradizionale corteo storico del “Transito”, dall’Arcella, dove il santo è spirato, fino alla basilica.
Ne’ è stato possibile organizzare l’amatissima processione cittadina. Però il santo non ha lasciata sola la sua Padova. Abbiamo ancora negli occhi e nel cuore l’immagine della statua portata in volo, l’anno scorso, da un elicottero sopra la città stremata dopo i mesi del lockdown e i tanti lutti subiti. Questa domenica calda e piena di sole ha accompagnato il cammino della reliquia venuta da Venezia e la statua di Antonio lungo le strade cittadine, toccando punti nevralgici e simbolici: caserme, il carcere Due Palazzi e la Casa circondariale, la Camera di Commercio, palazzo Bo, palazzo Moroni – il centro della cultura universitaria e il centro del potere civile – la prefettura e la questura.
Durante la messa solenne di mezzogiorno il vescovo di Padova, monsignor Claudio Cipolla, nella sua omelia ha parlato del nostro Paese provato dalla pandemia. “In nome della potenza e della vittoria di Gesù”, ha detto il vescovo, “noi cristiani, ci presenteremo volontariamente e gratuitamente per ricostruire le distruzioni sociali e spirituali del Covid 19. Saremo in prima fila, come Gesù, per proseguire la sua opera di carità, per dare speranza, per attivare coraggio”, aggiungendo che “non c’è guarigione se la potenza dell’amore del Signore non ci raggiunge e se la sua carità non diventa anima del nostro operare”. E in questo senso più che mai attuali, limpide e chiare risuonano le parole di Antonio e l’esempio della sua vita, tutta spesa a coniugare “amore e carità”.
Insieme al vescovo ha concelebrato anche il cardinale albanese Ernest Simoni, 93 anni, un vero martire della fede, che ai tempi della dittatura comunista in Albania era bollato come “nemico del popolo”. Arrestato la notte di Natale del 1963 mentre celebrava la messa e condannato a morte, la sua pena era stata commutata in lavori forzati, prima in miniera, poi nelle fogne. Una testimonianza forte e commovente sotto lo sguardo di Antonio…
Una lunga, intensa giornata finita a tarda sera. Ma non finisce realmente la festa. Intanto la reliquia rimarrà esposta a Padova, per una settimana, prima di rientrare in laguna attraverso la Riviera del Brenta ed essere accolta con un corteo acqueo lungo il Canal Grande, il 20 giugno. Sarà un momento molto particolare, suggestivo e toccante, anche se non saranno possibili processioni, ma i fedeli potranno comunque seguire le tappe di questo suggestivo viaggio sul fiume, come da antica tradizione.
Sant’Antonio è stato festeggiato in tutto il mondo. La sua devozione abbraccia ogni continente e dunque nessuno dei suoi devoti ha voluto rinunciare a ricordarlo nel giorno della sua festa. Un particolare momento è stato vissuto a Lonigo, in provincia di Vicenza. In occasione della conclusione del centenario della rivista “I gigli di Sant’Antonio”e della presenza dei fratini del Probandato Antoniano, il Convento di San Daniele e la Provincia dei Frati minori dell’Italia del Nord hanno organizzato una serie di giorni di celebrazioni antoniane e culminate nella messa solenne di ieri nel pomeriggio celebrata dal cardinale Pietro Parolin, segretario di Stato vaticano.
In nome e nello spirito più autenticamente antoniano il cardinale ha presenziato all’inaugurazione della casa di accoglienza Domus Laetitia, il nuovo piazzale dedicato al santo e la fattoria Laudato Sì.
(ACI Stampa)